Nel cuore della regione Marche, in un fazzoletto di terra, da secoli si coltivano le uve Verdicchio. È sempre stato considerato un vitigno autoctono, ma nel libro “Verdicchio bianco, Trebbiano di Soave.
Si è ipotizzato che il Verdicchio sia stato introdotto nelle Marche da coloni veneti, giunti nel 1400, per ripopolare le campagne dopo un’epidemia di peste. Tuttavia, recenti studi genetici sembrano smentire questa ipotesi, così come altre teorie che volevano il Verdicchio imparentato con vitigni quali Verdeca, Verdiso, Verdello e Verdea o con il Trebbiano Toscano. Numerose fonti concordano nell’affermare che i vini ottenuti da uve Verdicchio abbiano origini antichissime. Quelli prodotti nella zona di Jesi pare risalgano all’VIII sec. a. C. e che fossero già noti agli antichi romani. La prima testimonianza scritta di un vino ricavato da queste uve risale al 410 d. C. Le principali zone di coltivazione sono quella dei Castelli di Jesi (AN) e un’area più ristretta nel comune di Matelica (MC), entrambe contrassegnate dalla D.O.C. Altre piccole produzioni, meno rilevanti, sono destinate alle doc Esino Bianco e Falerio dei Colli ascolani. La zona dei Castelli di Jesi è caratterizzata da una suggestiva successione di borghi fortificati disposti a ferro di cavallo. Il vino prodotto in quest’area ha segnato un’importante svolta per la storia del Verdicchio; negli anni ’50 infatti, grazie a una felice intuizione commerciale del produttore Fazi Battaglia, che vestì il suo Verdicchio dei Castelli di Jesi con un’originale bottiglia dal design unico, il successo di questo vino si diffuse fuori dai confini italiani, tanto rapidamente da creare un dislivello enorme tra la domanda e l’offerta. Per accontentare i consumatori internazionali i produttori aumentarono le rese a discapito della qualità, facendo precipitare in meno di un decennio la richiesta. Per molto tempo il Verdicchio ha sofferto di questa pesante eredità e soltanto grazie al lavoro di produttori tenaci e lungimiranti oggi possiamo assaggiare vini straordinari. La svolta è stata confermata dall’affermarsi del Verdicchio dei Castelli di Jesi nell’ambito di concorsi internazionali come il Concours Mondiale de Bruxelles, che ha premiato il “Balciana” di Sartarelli e il “Vigna Novali” di Moncaro, nel 1999 e nel 2011, conferendo loro il premio di “Miglior vino bianco del mondo”. Altra regione di rilievo è quella di Matelica, che ospita oggi anche un importante Centro di Analisi Sensoriale, uno tra i laboratori più attrezzati d’Europa per l’analisi del vino.
Le particolari condizioni di queste aree viticole sono irriproducibili altrove: i terreni sono generalmente limoso- argillosi e calcarei, poveri di sostanza organica ma sufficientemente provvisti di potassio, ideali per consentire all’uva di sviluppare aromi di particolare finezza, mentre la buona esposizione e le fresche brezze marine, che garantiscono forti escursioni termiche tra la notte e il dì, consentono agli acini di sviluppare la giusta acidità.
Le caratteristiche organolettiche di questo antico vino sono fortemente legate al territorio: le uve Verdicchio sono sempre caratterizzate da una sfumatura verdolina, alla quale si deve il nome del vitigno. All’esame visivo, spesso il vino presenta lo stesso particolare cromatismo. Si ottengono da queste uve vini freschissimi, dal profilo aromatico estremamente complesso, e caratterizzati da un inconfondibile finale ammandorlato e sapido. È un vino capace di invecchiare con grande eleganza, come pochi altri bianchi in Italia, merito anche della grande struttura e dell’elevato tenore alcolico. A partire dagli anni ’90 si è cominciato a sperimentare con successo l’affinamento in botti di legno di varie tostature e dimensioni, o a ritardare la vendemmia per ottenere vini potenti ma equilibrati. Per tutte queste ragioni, il Verdicchio mostra grande versatilità: quello dei Castelli di Jesi può essere ottenuto nella versione Classico, Classico Superiore, Classico Riserva e Riserva. Con il termine “Classico” si designa un vino prodotto all’interno della più antica area di produzione. Generalmente questo non comporta variazioni nella composizione, nel colore,né nella gradazione alcolica, ma il fatto che provenga da una diversa area geografica può mettere in evidenza sottili differenze con i vini prodotti in altre zone della stessa regione. La doc Verdicchio dei Castelli di Jesi risale al 1968, mentre le categorie Riserva (affinato almeno 24 mesi, di cui 6 in bottiglia) e Classico Riserva hanno ottenuto la docg nel 2010.
La spiccata acidità delle uve di Verdicchio ha portato, già a metà del 1800, a sperimentare con un buon successo la spumantizzazione; merito del bravo Ubaldo Rosi, che già allora ne intuì il potenziale. Anche nella versione Passito il Verdicchio dei Castelli di Jesi può riservare grandi sorprese, specie per la caratteristica nota amarognola data dalla sapidità, che contrasta piacevolmente la dolcezza provocata dalla concentrazione zuccherina, creando una particolare armonia gustativa.
Per il Verdicchio di Matelica, invece, la doc è arrivata nel 1967, e può essere prodotto soltanto nelle versioni Spumante e Riserva. Quest’ultima è stata riconosciuta come docg proprio quest’anno.
La grande varietà di vini ottenuti da queste uve rende facile l’abbinamento con piatti del territorio: un Verdicchio Brut potrebbe essere perfetto per accompagnare le famose olive all’ascolana, o il ciauscolo, tipico salame marchigiano. Un Verdicchio fresco e giovane, fermentato in acciaio, sarebbe perfetto sul brodetto di pesce, altra specialità della regione, mentre si potrebbe destinare una Riserva ad una tagliatella al tartufo di Acqualagna e di Sant’Angelo in Vado o ad un coniglio in porchetta, per concludere con una fetta di pecorino stagionato, che potrebbe trovare in un Verdicchio Passito un complice perfetto.